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Ue: per una tassazione a prova di bit
Quattro parole chiave per la tassazione dell’economia digitale: equità, competitività, coesione e sostenibilità. Le mette nero su bianco la Commissione europea nella Comunicazione adottata lo scorso 21 settembre. Priorità, completare il mercato Unico digitale (Digital Single Market, DSM) senza tradire i presupposti di una tassazione equa e “growth-friendly”, ovvero favorevole alla crescita. Un mercato che conta oltre 500 milioni di consumatori, il cui completamento potrebbe contribuire all’economia europea con 415 miliardi di euro l’anno. Nello specifico, la Comunicazione adottata dalla Commissione illustra le sfide che gli Stati membri si trovano ad affrontare quando si tratta di intervenire su questo tema urgente e delinea le possibili soluzioni. Obiettivo a tendere, garantire un approccio europeo coerente e coeso, che possa sostenere le priorità fondamentali della Commissione. Il documento, dieci pagine dense di numeri e proposte concrete, va oltre le dichiarazioni d’intento e apre la strada a una proposta legislativa comune in materia di tassazione degli utili nell’economia digitale. Fissando un orizzonte temporale definito: le nuove norme potrebbero infatti vedere la luce già nella primavera 2018.
La digitalizzazione dell’economia globale – si legge nei documenti della Commissione – sta avvenendo rapidamente e permea quasi tutti i settori della società. Quasi un terzo della crescita della produzione industriale complessiva dell’Europa è già dovuta all’adozione delle tecnologie digitali. Nel 2006, solo una società digitale rientrava tra le prime 20 società per capitalizzazione di mercato. Nel 2017, 9 delle 20 maggiori società sono società tecnologiche e rappresentano il 54% della capitalizzazione di borsa totale delle “top twenty”. Tra il 2008 e il 2016, i ricavi dei primi 5 e-commerce retailer sono cresciuti in media del 32% l’anno. Nello stesso periodo, il fatturato dell’intero settore del commercio al dettaglio nell’Ue è aumentato in media dell’1% l’anno. Le imprese di tutti i tipi – poiché la digitalizzazione le riguarda tutte anche se in misura diversa – ora traggono gran parte del loro valore da attività immateriali, informazioni e dati. Tutto questo rende più difficile rispondere a due domande essenziali: qual è il valore e dove viene creato?
Andrus Ansip, vicepresidente per il mercato unico digitale, ha spiegato che per poter sfruttare pienamente il potenziale del mercato unico digitale dell’Ue e incoraggiare l’innovazione e la crescita è necessaria una revisione globale delle norme fiscali. “Ciò significa – ha aggiunto Ansip – disporre di un quadro fiscale moderno e sostenibile che offra certezza giuridica, incentivi favorevoli alla crescita e parità di condizioni per tutte le imprese”. Dello stesso avviso Valdis Dombrovskis, vicepresidente per l’euro e per il dialogo sociale, che ha sottolineato come vi sia un ampio consenso sul fatto che la crescente digitalizzazione dell’economia possa creare enormi opportunità economiche. Allo stesso tempo i nostri sistemi fiscali dovrebbero essere “equi, efficienti e a prova di futuro”. E’ anche una questione di sostenibilità del nostro gettito fiscale, ha aggiunto Dombrovskis. E Pierre Moscovici, Commissario per gli affari economici e finanziari, la fiscalità e le dogane, ha sottolineato come l’obiettivo della Commissione sia sempre stato quello di garantire che le imprese pagassero la loro equa parte di imposte laddove generano profitti. “Le imprese digitali – ha detto – traggono enormi profitti dai loro milioni di utenti, anche se non hanno una presenza fisica nell’Unione europea. Vogliamo ora creare condizioni di parità affinché tutte le imprese attive nell’Ue possano competere in modo equo, indipendentemente dal fatto che operino attraverso cloud o locali in muratura”.
Norme costruite su “laterizio e malta” – Effettivamente, spiega la Commissione nel comunicato stampa diffuso il 21 settembre, l’attuale quadro fiscale non si adatta alle realtà moderne. Le norme oggi in vigore sono state concepite per l’economia tradizionale e non possono “catturare” attività sempre più basate su beni immateriali e dati. Di conseguenza, si stima che l’aliquota fiscale effettiva delle società digitali nell’Unione sia pari alla metà di quella delle società tradizionali, e spesso molto inferiore. Il primo obiettivo dovrebbe essere quindi quello di promuovere una riforma radicale delle norme fiscali internazionali, cosa che garantirebbe un migliore collegamento tra le modalità con cui si genera valore e la sua tassazione. Gli Stati membri dovrebbero convergere su una posizione europea forte e ambiziosa, in modo da poter spingere per ottenere risultati significativi nella relazione dell’OCSE al G20, in programma per la primavera 2018. Il Vertice digitale di Tallinn dello scorso 29 settembre è stata una buona occasione per definire questa posizione. In quella sede, infatti, è apparso chiaro che l’Unione europea vuole andare avanti sulla digital tax.
I prossimi passi – La Comunicazione delinea la strategia a lungo termine della Commissione e alcune soluzioni a breve termine . La base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società (Common Consolidated Corporate Tax Base, CCCTB) offre un buon punto di inizio per affrontare le sfide principali e fornisce una partenza sostenibile, solida ed equa per tassare in futuro tutte le grandi imprese. Tuttavia, spiega la Commissione, saranno valutate anche “soluzioni rapide” a breve termine. Queste conclusioni dovrebbero costituire il contributo dell’Ue alle discussioni internazionali sulla fiscalità digitale e gettare le basi per i futuri lavori nel mercato unico. La Commissione attende con interesse la relazione dell’Ocse al G20 nella primavera 2018, che dovrebbe indicare soluzioni adeguate e significative.
In caso contrario, sarà comunque pronta a presentare una proposta legislativa per garantire un quadro fiscale equo, efficace e amico della competitività.
Dott. Stefano Foglia