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NOVITA’ IN TEMA DI TRANSFER PRICING
Il numero crescente di contenziosi e la maggiore attenzione a esso riservata all’amministrazione finanziaria e da Assonime, fanno si che che il transfer pricing rimanga uno dei settori più caldi in tema di accertamento.
Negli indirizzi operativi per il 2014 (circolare n. 25/E del 6 agosto 2014), l’agenzia delle Entrate ha ribadito la necessità di un’attenzione particolare in caso di accertamenti basati sul transfer pricing. E non a caso la stessa Assonime torna sull’esigenza che le verifiche siano condotte da team specializzati.
La delicatezza della materia dipende dal fatto che la determinazione del corretto prezzo di trasferimento passa attraverso un processo valutativo che deve tenere in considerazione le caratteristiche delle transazioni poste in essere e dei mercati di riferimento, le strategie dell’impresa e del gruppo, i beni coinvolti, le funzioni svolte e i rischi assunti. Sarà interesse del contribuente dettagliare tali aspetti nel modo più chiaro possibile, per fornire all’amministrazione quel quadro informativo necessario a riscontrare la congruità dei prezzi di trasferimento adottati.
Del resto anche di recente la giurisprudenza ha precisato che in materia di transfer pricing l’onere della prova va ripartito tra fisco e contribuente in applicazione del principio, figlio del diritto processuale civile, della vicinanza (commissione tributaria regionale Lombardia, n. 83/13/13 e n. 84/13/13). Il che significa che il fisco resta l’attore sostanziale gravato in primis dell’onere di provare di avere accuratamente selezionato le operazioni confrontate e di aver svolto analisi funzionali e di rischio, ma il contribuente, dato il suo “vantaggio informativo”, deve essere collaborativo.
Purtroppo , spesso, l’ufficio, nell’attività di verifica, a fronte della documentazione esibita dal contribuente, propone spesso una nuova analisi di transfer pricing basata su presupposti diversi da quelli utilizzati dal contribuente stesso, ad esempio cambiando la scelta dei comparables (mediante il riferimento a diversi mercati o diversi criteri di selezione), o dell’indicatore di profitto da comparare o ancora facendo riferimento a diversi intervalli temporali; ed ecco quindi proliferare il contenzioso.
In molti casi il fisco assume posizioni contrastanti rispetto a quando previsto dalle linee Ocse, come ad esempio la scelta su quali annualità effettuare l’analisi temporale, prevista dall’Ocse in tre annualità in modo da stemperare eventuali eccezionalità, oppure la scelta di comparables che operino sullo stesso mercato del contribuente, ma anche di utilizzare la tecnica del multi country, in caso di paesi omogenei in cui opera il gruppo.
Concordare con l’amministrazione una politica di prezzi di trasferimento ex ante, mediante il ricorso alla procedura di ruling internazionale, oggi possibili anche su base bilaterale, potrebbe offrire il vantaggio di evitare verifiche e sanzioni. Inoltre, come chiarito anche dalla circolare 25/E/2014, nei confronti di chi accede alla procedura, sarà possibile avviare verifiche solo con riferimento a questioni diverse da quelle oggetto del ruling, al fine di evitare che il medesimo modello di business sia oggetto di un una diversa interpretazione. Così, un ruling avente a oggetto i prezzi di trasferimento dovrebbe inibire ulteriori controlli, come quelli in tema di stabile organizzazione occulta o di altri aspetti relativi al medesimo business model.
Dott. Stefano Foglia